Il piccolo teatro di Fidenza, dedicato allo scenografo preferito di Verdi Girolamo Magnani, inaugura la stagione lirica con un omaggio doveroso al Cigno di Busseto con l’opera Jerusalem. Fidenza dista pochi chilometri sia da Busseto che da Sant’Agata e dunque è particolarmente legata al compositote. Jerusalem è l’unico titolo mancante a livello mondiale in questo bicentenario verdiano ed è merito del Teatro Magnani averla riproposta, seppur in una sola serata. Jerusalem è stata allestita dal Gruppo Promozione Musicale Tullio Marchetti, associazione dedicata al benemerito artefice della rinascita del teatro fidentino, e che gestisce da oltre vent’anni le attività musicali del Magnani.
Jerusalem è il rifacimento de I Lombardi alla prima Crociata. Realizzata da Verdi per le pressioni dell’Opera di Parigi, venne riscritta adattandola al gusto francese del grand-opera e risulta quasi irriconoscibile e lontana dalla sua prima versione italiana, dopo i rifacimenti dei due librettisti Royer e Vaëz. Andò in scena il 26 novembre 1847 con discreto successo. Lo sviluppo drammaturgico della versione francese ha molti paralleli con l'originale; di conseguenza lo stesso sviluppo musicale non ha subito vistosi cambiamenti. Vi sono però delle pagine nuove, tra cui i balletti d’obbligo per il pubblico francese. E proprio questa versione è andata in scena nel Teatro fidentino in un allestimento senza troppe pretese registico-sceniche ma che ha presentato buoni cantanti sulla scena.
Praticamente assente una vera e propria scenografia: se si esclude il pannello che mutava colore nel fondo del palcoscenico, praticamente invisibile dai palchi laterali, la vicenda è stata nelle mani della inesistente regia di Riccardo Canessa che si è limitato solamente a muovere staticamente e convenzionalmente cantanti e coro. Appropriati i costumi di Artemio Cabassi, che davano senso alle ambientazioni e alla trama. I pochi mezzi a disposizione avranno certamente portato a queste scelte per un grand-opéra ricco di movimento, azioni, suggestioni ed eventi, ma che potevano essere sicuramente sviluppate e approfondite, anche in un teatro piccolo come il Magnani.
I cantanti, il coro, i ballerini e la direzione musicale sono stati l’àncora di salvataggio di questa messinscena. Il maestro Marco Dallara, alla guida della Filarmonica delle Terre Verdiane, ha dimostrato una mano sicura ed esperta, incline ad amalgamare cantanti ed orchestra e ad accompagnare le voci senza mai coprirle. Nessun eccesso, nessuna deviazione: la mano di Dallara è stata pulita e precisa.
Donato Di Gioia nel Conte di Tolosa è riuscito, dando al personaggio la giusta dimensione, con voce chiara e pulita. Rosario La Spina in Gaston ha dimostrato di avere una bella voce, ma molti ostacoli non sono stati superati egregiamente, lasciando qualche dubbio sul ruolo. Carlo Colombara in Roger, oltre ad essere riuscito perfettamente ad immergersi nel suo ruolo, ha dimostrato una gran bella prova vocale, sicuramente la migliore della serata; basso sonoro, di grande potenza, voce rotonda e sicura di grande estensione, ha reso il personaggio crudele e poi penitente in modo molto degno, conquistando il pubblico. Gianluca Breda nel Legato Ademar de Montheil ha dato una prova positiva della sua voce e della sua tecnica, precisa e appropriata. Seung-Hwa Paek è stato un convincente Raymond. Massimiliano Catellani ha ricoperto il ruolo dell’Emiro di Ramla e ha dimostrato una voce piena e pastosa, adatta al ruolo. Daria Masiero in Hélène ha dimostrato di avere una bella voce dal timbro morbido, anche se con carattere a volte scuro, che ha saputo rendere un personaggio credibile ed emozionante; molto buoni gli acuti e i pianissimi e prova perfettamente riuscita. Convincente l’Isaure di Stefania Maiardi. Buona, anche se non immacolata, la prova del Coro dell’Opera di Parma diretto dal maestro Fabrizio Cassi.
Classiche, appropriate, gradevoli le coreografie di Marco Batti, che ha messo in scena il corpo di ballo del Balletto di Siena, con l’etoile Giuseppe Picone, ballerino di meritata fama internazionale, che ha incantato il pubblico con i suoi passi esperti e volteggianti nelle danze dell’harem del terzo atto.
Il Teatro di Fidenza straripava di pubblico, giunto anche da lontano per ascoltare uno dei titoli verdiani meno rappresentati. Pubblico entusiasta, che ha colmato quasi tutti i cantanti di applausi anche – e troppo spesso – a scena aperta. Apprezzatissimo il balletto, interrotto più volte dall’entusiasmo degli spettatori. Alla fine gran trionfo per tutti, soprattutto per gli organizzatori di questa impresa veramente titanica per un piccolo teatro di provincia.